Lavoro precario e lavoro a termine
In Italia si fa gran confusione tra lavoro precario e lavoro a termine. In realtà si tratta di due cose molto diverse e fare chiarezza è necessario a ogni livello. Ci sono lavori a tempo indeterminato precari e lavori a termine non precari, infatti e questo è facile da spiegare. Un contratto a tempo indeterminato in un’azienda che non ha futuro, che fa molta cassa integrazione, che ha programmi di delocalizzazione o addirittura di chiusura definitiva, è solo apparentemente “a tempo indeterminato”, in realtà io non vorrei mai essere nei panni di un lavoratore con un contratto in un’azienda di quel tipo.
Un lavoro a termine invece può non essere precario, nel senso che ha una durata stabilita necessaria a raggiungere degli obiettivi – per il lavoratore – anch’essi a termine, ad esempio un giovane che vuole pagarsi la vacanza e non vuole – o non può – chiedere i soldi ai genitori, accetta un lavoro per un tempo determinato, raggiunge il suo obiettivo e poi pensa ad altro. Perché definire “precario”, cioè connotare negativamente, quella che è una scelta del lavoratore? Una scelta che offre una serie di garanzie, perché il contratto a tempo determinato è uguale al contratto a tutele crescenti (come si chiamano oggi i nuovi contratti di lavoro a tempo indeterminato) come condizioni di lavoro – orario, diritti, garanzie – offre una copertura assicurativa completa, un compenso basato sul contratto di lavoro nazionale, la copertura per malattie e maternità. Lavorare in un’azienda che offre un contratto di questo tipo e che magari ha una prospettiva di crescita significa lavorare a tempo, ma, nel caso di reciproca soddisfazione, anche lavorare con la prospettiva di un impiego a tempo indeterminato. Ci sono questi casi? Certo, ad esempio Accueil, azienda di call center situata in molte regioni meridionali, che offre un lavoro temporaneo, ma non precario. Beato chi accetta queste prospettive con serenità d’animo e voglia di lavorare.